This is war, YURI

« Older   Newer »
  Share  
~Lotury•
view post Posted on 10/3/2011, 16:00




ATTENZIONE: nonostante lo abbia già precisato nella descrizione, preferisco ribadirlo qui. La storia presenta caratteri yuri, anche se è tutto a sfondo sentimentale e non vi è alcun richiamo a descrizioni a sfondo sessuale, ma se a qualcuno dovesse dar fastidio, pregherei la suddetta persona a desistere dalla lettura di tale storia. Grazie



Un fischio, il silenzio e dopo l’esplosione. Se dovessi dare un suono alla mia vita, darei quello prodotto da una bomba. Da quel che ricordo la guerra è sempre stata la mia realtà. Correre, nascondersi, uccidere. Uccidere, uccidere, uccidere. Perché questa è la politica che vige sul campo di battaglia, perché è sempre il più forte a sopravvivere, perché…

Non so dove mi trovi. Sento il mio corpo leggero ma le mie palpebre pesanti. Non riesco ad aprirle. Intorno a me aleggia un nuovo suono. Nessun fischio, nessuna esplosione. Sembra quasi… quiete. È… forse il silenzio questo? Nessun grido disperato, nessun ordine urlato, solo pace. Mi rilasso un po’, cullata da questa nuova realtà. Ma qualcosa è diverso, non c’è logica in questo nuovo mondo. Decido di aprire gli occhi. La luce improvvisa me li fa chiudere subito dopo, tutto quel bianco per poco non mi ha accecato. Piano, gradualmente, li riapro, facendoli abituare al nuovo ambiente. E ciò a cui assisto è un qualcosa di troppo grande da descrivere. Ciò che sto vedendo non può essere che l’infinito. Abbasso lo sguardo sul mio corpo. È ricoperto da una tunica bianca. Che strano, che fine ha fatto la mia divisa? Mi tocco il viso, ma le mie mani non trovano quelle cicatrici che prima lo ricoprivano. I miei capelli neri, tagliati per poter indossare con più comodità l’elmetto, sono stranamente ricresciuti. Avanzo, senza conoscere la mia meta ma ad un tratto il mio passo è interrotto. Una voce mi richiama. Parla una lingua a me sconosciuta ma, stranamente, capisco ogni parola. Devo trovare la ragazza e guidarla nella vita. Ragazza? Quale ragazza? Vorrei chiederglielo ma le mie labbra non si muovono e la voce non esce. La luce aumenta la sua intensità, chiudo di scatto gli occhi per proteggermi. Quando li riapro mi ritrovo in mezzo a tante persone vestite diversamente. Dove sono i miei compagni? E chi è la ragazza che devo cercare. Un uomo avanza verso di me. Gli dico di spostarmi, ma lui imperterrito continua il suo tragitto. Gli urlo di fermarsi ma sembra non udirmi e non vedermi. Mi preparo all’impatto che però non arriva. Mi giro e noto che l’uomo mi ha superata. Ma come ha fatto? Io ero sulla sua traiettoria, com’è possibile che non ci sia stato nessun urto… Improvvisamente le persone spariscono. Resto solo io su questa distesa grigia. Un mostro di metallo mi insegue. Corro, corro come non ho mai corso in vita mia, rischio di inciampare più volte ma non posso cadere, devo salvarmi. Ma il mostro dalla facciata rossa è troppo veloce e mi raggiunge. È la fine! Chiudo gli occhi, quasi come se privandomi della vista quel mostro potesse sparire. Ma come successo prima con quell’uomo, anche il mostro passa oltre. Che cosa sta succedendo?
“Sophie a che pensi?”
Mi volto subito e il mio sguardo si incrocia con quello di una ragazza. Pelle bianca, occhi azzurri e capelli castano chiaro. Che sia solo una coincidenza? Però continua a guardarmi…
“Sophie!”
La ragazza sobbalza appena e si volta verso i suoi amici, forzando un sorriso.
“Scusate ero distratta…” ed eccola che torna a guardarmi. Ma perché solo lei può vedermi? Corro nella sua direzione, voglio parlarle. Probabilmente lei sa in che posto sono finita e come tornare dai miei compagni!
“Ehi!” si irrigidisce ma non si volta. Insisto, ma nemmeno questa volta mi degna della sua attenzione. La supero e le sbarro la strada. Lei mi guarda un po’ sorpresa e viene verso di me. So che, come è già successo, mi attraverserà, quindi non mi sposto. Ma non è così. Ci urtiamo e lei barcolla un po’. Ci guardiamo stupefatte, entrambe non troviamo una spiegazione logica per ciò che sta succedendo. Siamo solo noi, mentre il mondo che ci circonda non sembra accorgersi della nostra presenza. O meglio della mia. I suoi amici la richiamano, lei mi guarda per un’ultima volta per poi superarmi. Mi giro e la guardo allontanarsi. Si può sapere chi è quella ragazza e che sta succedendo qui?

 
Top
~Lotury•
view post Posted on 13/3/2011, 15:47




SECONDO CAPITOLO
Dopo un attimo di esitazione torno da lei ma questa volta non le parlo. Lei si accorge che la sto seguendo, è infastidita dalla mia presenza ma non dice nulla, ovviamente non può. Arriviamo ad un portone chiuso. Ci sono tanti ragazzi di età diverse che ridono e scherzano. Non indossano divise e non impugnano fucili, forse qui la guerra non esiste. Un rumore improvviso interrompe i miei pensieri. È stridulo, sembra quasi una tromba. Tutti i ragazzi entrano e io faccio altrettanto. Seguendo la ragazza mi ritrovo in una stanza. Le pareti sono grigie, forse un tempo erano bianche. In questo spazio limitato sembra mancare l’aria, quasi rimpiango gli infiniti spazi del campo di battaglia.
“Dove siamo qui?” chiedo alla ragazza. Lei mi rivolge uno sguardo che non lascia alcun dubbio al caso: non mi sopporta.
“Potresti anche rispondermi.” insisto, tanto che ho da perdere? Mi guarda in cagnesco, di nuovo. Ma che si aspetta che mi spaventi per una ragazzina?
“Sophie…”
“Non chiamarmi Sophie!” sibilla. Almeno ha risposto.
“Sai parlare allora! Vuoi dirmi dove siamo?”
in quel momento la porta si apre e ne entra una donna di mezz’età. I ragazzi si siedono subito. Sembra quasi...
“È il vostro generale quella donna?” mi guarda con occhi sbarrati. Ma allora qui la guerra davvero non esiste…
“Signorina Le Preau sarebbe così gentile da degnarci della sua attenzione?”
“Mi scusi!” detto questo mi rivolge un’occhiataccia.
“Ho capito, devi prestare attenzione alle sue parole.” Annuisce piano, ma non passa nemmeno un minuto che comincia a scherzare con i suoi amici.
“Sophie…” non mi risponde.
“Ehi, Sophie, devi ascoltarla!” ancora nessuna risposta.
“SOPHIE!”
“CHE VUOI?!” mi urla.
“Ora basta signorina Le Preau, per favore si accomodi fuori!”
La ragazza esce sbuffando ed io la seguo.
“Immagino tu sia felice adesso! Ma si può sapere chi diavolo sei?”
“Farah.”
“Farah?”
“Sì, mi chiamo Farah.” Sposto la mia attenzione, che era stata precedentemente attratta dagli alberi, su di lei.
“Che vuoi da me?”
“Nulla.”
“E allora perché mi segui!”
“Perché stranamente tu sei l’unica persona in grado di vedermi. Che posto è questo?”
“Siamo a Lione.”
“Dove si trova?”
“Come dove si trova! Ma sei mai andata a scuola?”
“Cos’è la scuola?” mi guarda esterrefatta. Che hanno le mie parole di tanto anomalo?
“Scherzi?”
“No, assolutamente. Allora mi dici cos’è?”
“La scuola è una prigione!”
“Allora siete dei prigionieri di guerra.” Di nuovo quello sguardo! “Ma si può sapere che hai da guardare? Qui non esiste la guerra?”
“Certo che esiste, la storia è piena di guerre!”
“Allora spiegami perché ti sorprendi ogni volta se sai cos’è una guerra!”
“Inutili sparatorie, morti e tanto casino. Ecco cos’è una guerra.”
“Non sei mai stata sul campo…”
“Ovvio che no! Ho diciannove anni, che ti aspetti che mi diano un fucile e mi mandino a combattere?”
“No, prima devi affrontare delle prove. Se non sei in grado di superarle vieni ucciso.”
“Stai scherzando?”
“No. Sai come posso tornare dai miei compagni?”
“I tuoi compagni?”
“Sì, loro stanno ancora combattendo. Devo andare da loro e aiutarli.”
Mi fissa, senza parlare. E riecco di nuovo quel suono stridulo.
 
Top
~Lotury•
view post Posted on 18/3/2011, 11:46




TERZO CAPITOLO
La donna di prima esce.
“Signorina Le Preau l’avverto, non tollererò oltre questi suoi comportamenti.”
“Mi scusi. Non si ripeterà più…”
“Lo voglio sperare. Ora ritorni in classe e presti attenzione alle prossime lezioni.”
“Certamente.”

Appena la donna si allontana, Sophie mi dice di andarmene, di lasciarla in pace.
“E dove dovrei andare?”
“In qualsiasi posto, basta che sia lontano da me. Mi stai solo causando danni, i miei amici mi credono pazza. E tutto per colpa tua!”
“Non l’ho mica deciso io. E poi devi aiutarmi, devo tornare dai miei compagni!”
“Tornaci da sola dai tuoi compagni, sai quanto me ne importa?”
“Sophie…”
“Ho lezione.”
Entra nella stanza. Non la seguo. Sono fuori dall’edificio, mi giro verso quelle mura di vetro e la vedo. Appena si accorge che la sto osservando volta il suo sguardo. Ha detto che non vuole altri problemi a causa mia, ma io adesso che faccio? Non so dove andare e qui nessuno mi vede.
Cammino tra le persone. Non mi preoccupo nemmeno di scansarli, tanto tutti mi passano attraverso. Tutti tranne Sophie…che sia lei la ragazza? Se fosse realmente così sarebbe una gran seccatura. Ragazza più capricciosa e superba non poteva capitarmi. Qualcosa mi spinge a fermarmi. Questo… è il suo profumo? Mi fermo di fronte ad un ammasso di cemento. Decido di entrare, guidata dalla scia di quell’odore, ma qualcosa sul portone mi impedisce di attraversarlo. Dopo vari tentativi decido di passare attraverso il muro. Ma perché prima non sono riuscita ad attraversare il portone? Tutto questo è troppo strano. Salgo le scale, seguendo ancora quell’odore. Un attimo… sto salendo delle scale? Io non dovrei riuscirci, dovrei passarvi attraverso, non salirle. Non ci capisco nulla. All’improvviso il profumo si fa più intenso e mi ritrovo di fronte ad un’altra porta. Provo ad attraversarla ma, come successo prima, non ci riesco. Passo di nuovo attraverso il muro. Mi ritrovo in una stanza. Due occhi attirano la mia attenzione. Sulla parente che mi fronteggia c’è il suo viso: Sophie. Sorride, che sorpresa, non la credevo mica capace di tanto. Sorrido appena al pensiero. Questa deve essere la sua base, anche se è più colorata di quelle a cui ero abituata. Molto più colorata… Al centro della stanza c’è un letto ma, diversamente a quelli a cui ero abituata, di legno, questo sembra morbido. Mi avvicino e mi siedo sopra. È proprio morbido. Presa dall’euforia inizio a fare capriole e tra una risata e l’altra non mi accorgo del tempo passato.
“Che ci fai in camera mia?” eccola, la sua dolce e melodiosa voce. Scoppio a ridere a questo pensiero, ovviamente sarcastico.
“Che cavolo hai da ridere?” mi volto verso di lei, so che la farò innervosire ancora di più ma non riesco a trattenere un’altra risata.
“FUORI DA CASA MIA!”
“Scusa.” Ho ancora voglia di ridere ma mi trattengo. Penso che sia la prima volta che rido così tanto.
“Cosa?”
“Ti ho chiesto scusa. Immagino non sia piacevole tornare a casa, trovare un’estranea sul tuo letto che ti ride in faccia e non ti degna della minima attenzione.”
“Già, non è piacevole, anzi alquanto irritante.”
“Scusa, è che non avevo mai riso così tanto. Sai, in guerra non puoi permetterti distrazioni, figurati se puoi ridere. Devi essere concentrata sul nemico, mirarlo, ucciderlo e nello stesso tempo devi assicurarti di non essere nel mirino di qualcuno.”
“Mi fai quasi paura quando parli della guerra, il tuo sguardo diventa di ghiaccio. Non ci posso credere che l’hai vissuta davvero. Guardati! Quanti anni avrai? Diciannove, venti massimo?”
“Non lo so. Sul campo di battaglia l’età non conta molto. Siamo tutti umani, tutti capaci di uccidere ed essere uccisi.”
La vedo tremare appena. Forse sono stata troppo dura con lei. Per chi non la conosce, la guerra appare orribile, terrificante. Pensandoci bene, lo è anche per chi la combatte. E allora perché gli uomini si uccidono se la morte fa così paura? Rivolgo di nuovo la mia attenzione alla ragazza. È ancora in piedi e non ha aperto bocca. Provo a farle dimenticare quanto le ho detto.
“Allora! Come è andata la giornata?”
“Bene, dopo la prima ora.” e detto questo mi lancia un’occhiataccia. Io le sorrido di rimando. Sì, lo so, è stata colpa mia, ma lei mica si è stata zitta quando io ho smesso di parlarle!
“La colpa non è totalmente mia. Se avessi seguito la spiegazione, come ti era stato richiesto, non avresti fatto quella fine.” detto questo mi lascio andare sul letto.
“TI piace?” mi alzo appena per guardarla.
“Cosa?”
“Il letto.” Le rispondo con un sorriso.
“Deduco che la tua risposta sia un sì.”
“Deduci bene.”
“Se vuoi puoi dormirci.” La guardo sorpresa.
“Mi stai lasciando il tuo letto?”
“C’è un divano di là, posso dormire lì.”
“E, sentiamo, perché lo staresti facendo?”
“Tu grazie non lo sai dire?”
“No, ma se continui così mi sa che imparerò presto.”
“Domani dovrai andartene.”
“Dicevo io che era troppo bello per essere vero. Sophie Le Preau è gentile con me. No, troppo surreale. Impossibile!” la vedo abbassare la testa e sospirare. Credo di aver esagerato ancora.
“Ehi… scherzavo! E poi il letto è abbastanza grande per ospitare entrambe. A proposito, vivi da sola qui?”
“I miei genitori sono morti quando ero giovane- dicendo questo si siede al mio fianco- e mia nonna da quel momento si prese cura di me.”
“E ora lei dov’è?”
“È morta…” ho sbagliato ancora. Ho nettamente sbagliato ancora.
“Mi dispiace...” mi guarda e mi dice di non preoccuparmi, quasi come se avesse letto nel mio pensiero. L’ho ferita facendole quella domanda, inutile che provi a nasconderlo. Io non ho mai avuto una famiglia, però sul campo avevo un amico. Il mio unico vero amico. Eravamo come…fratelli? Sì, forse eravamo così. Ed è morto tra le mie braccia. Io non so cosa significhi avere una famiglia ma, forse, so cosa significa perdere qualcuno di caro. Sophie si accorge del mio strano silenzio e mi distrae dai miei pensieri invitandomi in cucina. Se solo sapessi cos’è una cucina!
“Ehm… Sophie, cos’è una cucina?” mi guarda un attimo stupita, poi mi sorride. Forse si è ricordata che nel mondo in cui ho vissuto non c’era nulla di tutto questo. Mi prende per mano e mi sussurra un semplice “ti faccio vedere”.
Mi porta in un’altra stanza. C’è un tavolo con quattro sedie e sulla nostra destra una cassa metallica rossa. Mi ricorda qualcosa… sembra il mostro che stamattina mi inseguiva, pronto a mangiarmi.
“Sembra quel mostro…” Sophie mi rivolge uno sguardo interrogativo.
“Ti ricordi? Stamattina, il mostro che mi inseguiva. Dove ci siamo incontrate.”
“Ti riferisci al camion?” la guardo perplessa e lei scoppia a ridere.
“Farah, quello che ti inseguiva stamattina era un camion. Anche se in realtà non ti inseguiva per nulla.”
“Come no! Mi correva dietro!”
“No, eri tu ad essere sulla strada quando è scattato il verde.”
“Il verde?”
“Farah-è la seconda volta che mi chiama per nome- quei mostri ci permettono di spostarci con più facilità e di impiegare minor tempo per raggiungere un determinato luogo. Se usassimo le nostre gambe come mezzo di trasporto impiegheremmo certamente più tempo. Ma, come hai notato, quei mostri sono pericolosi per noi, così per evitare incidenti e morti inutili hanno creato un semaforo. Il semaforo ti fa capire quando puoi passare senza il rischio di uccidere persone e quando devi fermarti, per permettere a chi cammina di attraversare la strada. La strada è il luogo che i mostri sono autorizzati ad usare per spostarsi.”
“Ah, capisco. Cosa sono quelli?” indico dei cerchi su una lastra grigia.
“Quello è il piano cottura. -tenendomi ancora la mano mi porta vicino a quello strano oggetto- Vedi questi fori? Da qui esce il gas, che se messo a contatto con una fiamma prende fuoco.”
“Straordinario!” ride a questa mia esclamazione.
“Scusa… “
“Sì, capisco, non sei abituata.” mi interrompe lei. “Beh, hai fame?”
Da quando mi trovo in questo strano mondo non ho mai avuto fame.
“Veramente no.”
“Allora mi fai compagnia?” le sorrido e annuisco.
La vedo cucinare, mettere la sua cena in un piatto e mangiare il frutto del suo lavoro. Dopo aver lavato tutto ed essersi cambiata, andiamo nella sua stanza e ci stendiamo sul letto. Dopo qualche risata lei si addormenta, lasciandomi sola con i miei pensieri.
 
Top
~Lotury•
view post Posted on 22/3/2011, 17:17




QUARTO CAPITOLO

Il mio sguardo si perde in quel cielo pieno di lucciole. Mi alzo piano, per non svegliarla, e mi avvicino a quelle pareti di vetro. Alzo il mio sguardo, lo faccio incrociare con quell’universo infinito. Mi sento così piccola… Dei passi. Non mi volto, so che è lei.
“Bello vero?”
“Bello è anche riduttivo…” sono catturata da quella visione.
“Sai cosa sono quelle piccole luci?”
“No, sembrano lucciole.”
“Sono stelle. Anche il sole è una stella.”
“Che belle le stelle.” lei sorride, abbracciandomi da dietro e poggiando la sua testa sulla mia spalla.
“Non le avevi mai viste?”
“No, in guerra…”
“Non fai più parte di quella realtà Farah e voglio che non ne parli più. Ti farò vedere il mondo, ti porterò a vedere le stelle! Sai che si può?”
“Si possono vedere più vicine?”
“Certo! Poi ti ci porterò.”
“Va bene.” appoggio la mia testa alla sua e restiamo così per un po’.
“Farah?”
“Sì?”
“Come mai quel camion non ti ha investita?” mi stacco dal suo abbraccio, lei mi osserva preoccupata. Non conosco il motivo, ma ho un sospetto. Appoggio la mia mano al muro. Non trovo impedimenti, la mia mano lo attraversa. La ritiro.
“Sophie, appoggia la tua mano al muro per favore.” lei non capisce ma fa come le ho chiesto. Subito dopo anche io compio il medesimo gesto. Questa volta il muro non lo attraverso.
“Come immaginavo.”
“Che sta succedendo Farah?”
“Sophie io sono legata a te. Tu sei l’unica persona che io posso toccare, l’unica che riesce a vedermi. Ma posso anche toccare il tuo ricordo, il tuo passaggio. Credo… che io stia vivendo attraverso te.”
“Mi stai dicendo che sono il tuo collegamento a questo mondo?”
“Mi sa di sì. Mi dispiace Sophie.” scoppia a ridere. A volte non la capisco questa ragazza, mi correggo, quasi mai.
“Cos’hai da ridere?”
“Beh, non comprendo il motivo delle tue scuse. Non ti sei mica impossessata della mia vita e non mi hai uccisa. E poi non è tanto male stare in tua compagnia.” ti sorrido e questa volta sono io ad abbracciarti.
“Ehi, piano piano! Non sono mica abituata a tutte queste dimostrazioni d’affetto da parte tua.”
“Nemmeno io, in guerra …”mi fulmina con lo sguardo e capisco che forse è più saggio restare in silenzio.
“Bene, ora che siamo sveglie cosa facciamo?”
“Tu dovresti dormire, domani hai scuola.”
“Domani è domenica, niente scuola.”
“E la domenica non si va?”
“No, è la nostra giornata di libertà.”
“Ma se la scuola è una prigione non dovrebbe concedervi alcuna libertà.”
“Farah, la scuola è una prigione in modo metaforico. La scuola è il luogo dove formiamo la nostra cultura. Aspetta.” Si alza e prende uno strano mattone.
“Vedi questo? Questo è un libro- lo apre e vedo gli strani simboli che ci sono sopra- e queste sono delle lettere. Le lettere, se disposte in un dato ordine, formano delle parole. La scuola ci aiuta a saper interpretare questi segni. L’interpretazione dei simboli viene chiamata lettura. Invece l’utilizzo delle lettere e delle parole scrittura. Questo è quello che ci insegnano da piccoli, insieme ai calcoli primari come l’addizione, la moltiplicazione, la divisione e la sottrazione. I numeri e questi calcoli prendono il nome di matematica. Più cresci, più la matematica e la lingua, che sarebbe l’unione di scrittura e lettura, diventano complessi. E devi pensare che si aggiungono sempre nuove materie.”
“Sembra bello. È come i gradi, più diventi bravo, più sali di grado.”
“Già, più o meno è così.”
“E perché non ti piace la scuola?”
“Non è che non mi piaccia la scuola, non mi piace dover essere oggetto delle critiche dei professori. Quella donna che mi ha cacciata dall’aula era una professoressa. Hai visto come si è comportata?”
“Nemmeno io sopportavo i generali. Ordinano, come se loro sapessero tutto, come se fossero certi che attraverso quel piano la vittoria sarebbe assicurata. E non accettano consigli.” Sophie mi sorride. È stupenda quando sorride.
“Vuoi vedere un film?”
“Un film?”
“Sì. È difficile spiegarti cosa sia un film ma credimi, ti piacerà.”
“Va bene, voglio fidarmi.”
“Perfetto!”
Mi porta davanti ad una scatola nera, prende un cerchio e lo infila in un’altra scatola. La guardo un po’ perplessa mentre mi siedo sul divano. Ma che è successo? Sophie scoppia a ridere mentre io mi ritrovo seduta per terra.
“Scusa Farah, ma io quel posto non lo uso mai. Aspetta- si siede dove io avevo intenzione di mettermi e poi si rialza- Ecco ora dovresti essere in grado di sederti.” Ci riprovo e questa volta funziona. Le sorrido e lei mi risponde nello stesso modo. Improvvisamente la scatola si accende e compaiono delle immagini.
“Questo più che un film è un cartone. Si tratta del Re Leone, era il mio cartone preferito da piccola.” la guardo mentre si stringe le gambe al petto, sembra quasi una bambina così.
Seguo con attenzione il film. È stupendo! Ora capisco perché le piaccia tanto. Improvvisamente sento un peso sulla mia spalla, mi volto e vedo che vi ha poggiato la sua testa. Le inizio ad accarezzare i capelli, sono davvero morbidi. Il suo respiro diventa pesante, si è addormentata. La prendo in braccio e la porto a letto. Il film continua nella stanza accanto ma non me ne curo. Voglio solo starle vicina.
 
Top
~Lotury•
view post Posted on 24/3/2011, 16:00




QUINTO CAPITOLO

Un campo di battaglia. Mi guardo, porto la divisa addosso. Sparatorie… cavolo devo trovare un riparo. Aspetta, quello è un nemico! Calma Farah, mira e uccidi. Aspetta, ancora un secondo… no…no… NO!

“FARAH!”
Apro di scatto gli occhi, trovandomi di fronte Sophie. La guardo per un istante che pare interminabile.
“Farah” mi sussurra, prima di stringermi in un caloroso abbraccio al quale rispondo immediatamente. La stringo forte, come se fosse la mia unica ancora di salvezza, come se fosse l’unico motivo per cui vivo ancora.
“Sophie…”
“È tutto passato Farah, tutto passato.” E mentre lo sussurra mi accarezza piano i capelli. Non so il perché, ma le mie guance sono solcate da lacrime.
“Ho avuto paura”
“Tranquilla Farah, è tutto passato.” Annuisco piano mentre affondo il mio viso nella sua spalla continuando quel pianto che non ha alcun senso apparente.
“Maledetta guerra!” la sento sibilare. Alzo la testa quanto basta per incrociare i suoi occhi, anch’essi bagnati dalle lacrime.
“Sophie…”
“Ma come si può permettere ad una ragazzina di prendere in mano un’arma e mandarla a combattere? E non solo con gli uomini, ma anche contro quei demoni che la notte sopraggiungono. Guarda cosa ti hanno fatto. Bastardi!”
“Calmati Sophie.” Sta tremando tanto è nervosa.
“Farah sono rimasta sola, sola per colpa di quegli stessi uomini che hanno mandato te a combattere. I miei genitori erano nell’esercito, sono morti entrambi in una missione. Ero troppo piccola per comprendere cosa fosse successo, è vero, ma l’idea che una stupida guerra me li abbia portati via mi logora dentro. E poi ecco che compari tu improvvisamente, tu insieme alla tua realtà che è anche la mia. Ed ecco di nuovo la guerra, di nuovo lei a tormentarmi, a portare ancora sofferenze. Perché gli uomini sono incapaci di parlare? Perché bisogna ricorrere sempre alla morte per superare i propri problemi?” piangi anche tu ora. Mi alzo e ti guardo, mentre ti asciugo le lacrime.
“Non lo so Sophie…”
“Non mi lascerai vero? Non tornerai sul campo di battaglia. Ti uccideranno… morirai Farah!”
“No Sophie, non preoccuparti, resterò qui con te.” Ti sorrido. Quanto può valere un sorriso se bagnato dalle lacrime? La vita è strana, noi ci odiavamo Sophie. Troppo diverse, eppur così uguali nella nostra diversità. La guerra ha segnato entrambe. A te ha portato via i tuoi cari, a me… a me ha portato via la vita, Sophie. Io sono morta Sophie. Mi guardi e nel tuo sguardo si legge solo preoccupazione. Si nota che sono turbata? Come te lo dico? Come posso dirti che la guerra ti ha portato via un’altra persona cara ancor prima che tu la conoscessi? Come posso dirti che la guerra mi ha portata via da te? Forse il nostro incontro è stato uno sbaglio, ma non voglio crederlo, non voglio accettarlo. Sei la cosa più importante che mi sia capitata, la più bella. Perdonami per tutte le parole orrende che ti ho rivolto. Sento le lacrime cadere di nuovo, porto la mano a sfiorare il tuo viso, la trattiene con la tua.
“Farah?”
“Perdonami Sophie.”
“Perdonarti? Perché che hai fatto? Che succede Farah?”
“Nulla Sophie, perdonami per non averti capita prima e per averti ferita.”
“Ehi tranquilla. Era destino.”
“Destino?”
“Certo. Eravamo destinate ad incontrarci, perché ognuna di noi aveva bisogno dell’altra. Non ci conosciamo nemmeno da un giorno e già non possiamo fare a meno l’una dell’altra. Non ti sembra strano?”
Ovvio, ovvio che mi sembri strano. E conosco il motivo di tutto questo. Non ti rispondo, ma aspetto che ti addormenti, per la terza volta durante questa lunga notte. Ho bisogno di aria fresca, ho bisogno di spazi infiniti. Ho bisogno di sfogare questa rabbia che ormai regna nel mio petto. Ho solo una domanda: perché?
 
Top
~Lotury•
view post Posted on 1/4/2011, 15:13




SESTO CAPITOLO

L’aria fredda della notte scompiglia i miei capelli. Quella domanda non fa che torturarmi la mente. Perché, dannazione! Tu lo sapevi! Sapevi cosa sarebbe successo! Perché mi hai chiesto di incontrarla, perché mi hai chiesto di cercarla. Perché mi hai chiesto di ferirla... sapevi che ero morta! Lo sapevi da prima di me, sapevi che cosa sarebbe successo. Ci saremmo volute, da subito. E ognuna avrebbe affidato la propria vita nelle mani dell’altra. Perché il tempo a mia disposizione era poco e doveva accadere tutto in fretta… dovevamo affezionarci per poterci ferire. O meglio per poterla ferire. Urlo in questa notte senza stelle e senza luna. L’oscurità è calata su di me, proprio come quel giorno. Sto morendo, morendo dentro. E tutto per colpa tua. Non so chi tu sia ma ti prometto che non lascerò che tu la ferisca ancora. Vuoi la mia vita? Preditela! Ma non ferirla, non ancora! Porta troppe cicatrici addosso. È successo tutto in un giorno, troppo breve il tempo, troppo surreale. Eppure i sentimenti che ci uniscono sono veri. Maledetto destino! Perché, perché, perché! Lacrime salate cadono dai miei occhi. E lei? Quante lacrime verserà lei per me? Falle dimenticare chi sono, ti prego… non ferirla ancora, non lo merita. Perché dannazione, perché! Ho ucciso tante persone durante questa mia breve vita, non voglio uccidere anche lei… ti prego, chiunque tu sia, ti prego non ferirla. Ma quanto può essere bastardo questo destino. Sophie…ti prego perdonami per il male che ti farò. Perdonami per il male che la mia esistenza ha comportato. Avrei dovuto seguire il tuo consiglio, sarei dovuta scappare via da te. Ora siamo in trappola, ci hanno incastrate Sophie e io non so come proteggerti. Ci hanno legate con una catena invisibile agli occhi umani, ma noi quella catena la vediamo, unisce i nostri cuori. E adesso Sophie? Che sarà di noi, che sarà di te? Cado in ginocchio e afferro la mia testa tra le mani. Sembra scoppiare. Urlo ancora e ancora e ancora. Inveisco contro questo cielo che ci sovrasta e che è il tetto della nostra casa, del nostro dolore. Lo sento Sophie, noi ci conoscevamo già, in un’altra vita forse, in una vita più felice di questa. Ecco perché è stato tutto così veloce, così naturale tra noi. E lo sento il dolore del nostro distacco, quando fummo costrette a separarci. E ora che ci siamo ritrovate, ecco di nuovo la morte, giudice villano della nostra esistenza. Eccola di nuovo a separarci. Mi vuole come sua amante. Ma io non cederò Sophie, e seppur morta, te lo prometto Sophie, ti proteggerò contro la morte stessa e ogni dolore. Veglierò il tuo sonno e custodirò ogni tuo sorriso. Proprio come in un giorno le nostre esistenze furono distrutte, così in un giorno ci siamo ritrovate. Un giorno di luna piena. Lì, nel cielo, ricordi Sophie? Fummo divise da un’eclissi e quando ci siamo ritrovate nel cielo splendeva il sole e la luna lo ammirava. Eccoci di nuovo insieme Sophie. Perdonami ma dovrò custodire questo segreto da sola, perché non potrei vivere sapendomi causa del tuo dolore. Sophie, insegnami a vivere, proprio come è già successo.
Una luce bianca mi avvolge, quella stessa luce. Dopo di essa il buio.
 
Top
5 replies since 10/3/2011, 16:00   76 views
  Share